la relazione CAM

La relazione CAM e la sua messa a terra

Mercoledì, 12 Aprile, 2023
Autore: 

Ing. Livio Izzo

Editore / Rivista: 

Il Giornale dell’Ingegnere - N.2/2023

 

Il Decreto 23/06/22 del MITE (DM CAM – Criteri Ambientali Minimi) è diventato cogente a dicembre 2022.

La principale novità del nuovo quadro normativo, per i lavori disciplinati dal Codice dei Contratti Pubblici, è la obbligatorietà di un nuovo documento progettuale:

LA RELAZIONE CAM (2.2.1):

L’aggiudicatario (del progetto ndr) elabora una Relazione CAM in cui, per ogni criterio ambientale minimo di cui al presente documento: descrive le scelte progettuali che garantiscono la conformità al criterio; indica gli elaborati progettuali in cui sono rinvenibili i riferimenti ai requisiti relativi al rispetto dei criteri ambientali minimi; dettaglia i requisiti dei materiali e dei prodotti da costruzione in conformità ai criteri ambientali minimi contenuti nel presente documento e indica i mezzi di prova che l’esecutore dei lavori dovrà presentare alla direzione lavori.

La novità è veramente rivoluzionaria perché mentre in precedenza era solo l’Impresa, all’atto della offerta, che doveva rispondere ai requisiti minimi già stabiliti dal vecchio DM CAM, ora è il Progettista che deve motivare ogni scelta guidato dai principi e dalle prescrizioni del Decreto, purché la Committenza glielo chieda. In altre parole, il presente DM aggiunge alla tipologia di criteri minimi, già presenti nel vecchio, una serie molto complessa di adempimenti sostanziali che, però, devono essere esplicitamente indicati all’atto del mandato.

Inoltre, per i criteri vecchi e nuovi, permangono una serie di difficoltà applicative e/o interpretative contro cui i Progettisti si stanno scontrando.

Il presente articolo vuole evidenziare queste criticità, nulla volendo togliere al lavoro sicuramente importante di redazione del presente Decreto che impatta contro un fisiologico periodo di rodaggio.

Passiamo subito in rassegna la parte del DM che ha un respiro “Alto” ed una visione di medio e lungo termine, tralasciando le parti prescrittive finalizzate a gestire l’immediato e che hanno avuto già un discreto rodaggio.

“1.2 APPROCCIO DEI CRITERI AMBIENTALI MINIMI PER IL CONSEGUIMENTO DEGLI OBIETTIVI AMBIENTALI”

[…]

Il pensiero progettuale con “approccio bio-eco-sostenibile” implica concetti molto più ampi che considerano la salubrità quale valore aggiunto di una progettazione non basata soltanto su una somma di tecnologie, ma su un insieme dialogante tra materiali a basso impatto ambientale (rinnovabili, durevoli, riutilizzabili, riciclabili) e conoscenze tecnologiche che sono attualmente a disposizione. Pertanto, una progettazione realmente sostenibile parte da presupposti di conoscenze che riguardano la bioclimatica, il “sapere”, l’uso e la conservazione delle risorse materiche, la loro salubrità ed emissività e, infine, la loro corretta posa in opera nella fase realizzativa. Tali concetti devono essere presi in considerazione nella loro interezza e sin dalle prime fasi del progetto in modo da essere amalgamate e integrate in modo organico nella concezione dell’intervento, non “aggiunti” e adattati a posteriori.

[…]

La Commissione europea ha introdotto da molto tempo il concetto di LCA (Life-Cycle Assessment, analisi del ciclo di vita) nelle politiche per la sostenibilità, già con la Comunicazione “Politica integrata dei prodotti-Sviluppare il concetto di “ciclo di vita ambientale””, COM (2003) 302, specificando come questo costituisca la migliore metodologia disponibile per la valutazione degli impatti ambientali potenziali dei prodotti. Il metodo di calcolo, descritto nelle norme tecniche EN 15804 (prodotti edilizi) e EN 15978 (edifici) costituisce, invece, la metodologia LCA specifica per il settore delle costruzioni ed è richiamata all’interno del documento nei criteri premianti relativi alle “Metodologie di ottimizzazione delle soluzioni progettuali per la sostenibilità”.

[…]

La stazione appaltante (del progetto n.d.r.) dovrebbe quindi considerare la progettazione e l’uso dei materiali secondo un approccio LCA (Life Cycle Assessment-analisi del ciclo di vita) e considerare il “sistema edificio” nel suo insieme di aspetti prestazionali coerentemente al processo di rendicontazione ambientale anche operato mediante protocolli energetico ambientali (rating system) nazionali ed internazionali.

[…]

Le riflessioni sul tema della circolarità dei flussi materici, ottenibile attraverso il riuso, il riutilizzo, la rilavorazione e il riciclo di materiali edilizi durevoli nel tempo, incontrano gli obiettivi del documento di indirizzo nazionale italiano, volto al posizionamento strategico sul tema, “Verso un modello di economia circolare per l’Italia” (2017), redatto, congiuntamente, dall’ex-Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e dal Ministero dello sviluppo economico (MISE).

Inoltre, le strategie di circolarità abbracciano gli obiettivi europei delineati dai protocolli emanati della Commissione, “Protocollo UE per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione” (2016), “Orientamenti per le verifiche dei rifiuti prima dei lavori di demolizione e di ristrutturazione degli edifici” (2018), e “Circular economy: principles for building design” (2020), che stimolano gli Stati membri a dotarsi di strumenti di supporto utili alla progettazione, alla gestione e alla dismissione degli edifici, per la riduzione dei rifiuti e la conservazione delle risorse.

[…]

“1.3.3 APPLICAZIONE DEI CAM”

I criteri contenuti in questo documento, in base a quanto previsto dall’art 34 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50:

- costituiscono criteri progettuali obbligatori che il progettista affidatario o gli uffici tecnici della stazione appaltante (nel caso in cui il progetto sia redatto da progettisti interni) utilizzano per la redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica e dei successivi livelli di progettazione;

[…]

-costituiscono criteri progettuali obbligatori che l’operatore economico utilizza per la redazione del progetto definitivo o esecutivo nei casi consentiti dal Codice dei Contratti o di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione lavori, sulla base del progetto posto a base di gara.

[…]

In particolare, la stazione appaltante, negli atti di gara prevede, tra le prestazioni tecniche di cui agli artt. da 14 a 43 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010 n. 207 anche una “Relazione tecnica e relativi elaborati di applicazione CAM”, di seguito, “Relazione CAM”, in cui il progettista indica, per ogni criterio, le scelte progettuali inerenti le modalità di applicazione, integrazione di materiali, componenti e tecnologie adottati, l’elenco degli elaborati grafici, schemi, tabelle di calcolo, elenchi ecc. nei quali sia evidenziato lo stato ante operam, gli interventi previsti, i conseguenti risultati raggiungibili e lo stato post operam e che evidenzi il rispetto dei criteri contenuti in questo documento. Nella relazione CAM il progettista dà evidenza anche delle modalità di contestualizzazione delle specifiche tecniche alla tipologia di opere oggetto dell’affidamento.

[…]

Infine, La Relazione CAM e tutto il progetto dovrà applicare le prescrizioni del DM CAM:

“2.2.2 SPECIFICHE DEL PROGETTO”

Il progetto integra le specifiche tecniche di cui ai capitoli “2.3-Specifiche tecniche progettuali di livello territoriale-urbanistico”, “2.4-Specifiche tecniche progettuali per gli edifici”, “2.5-Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione” e “2.6-Specifiche tecniche progettuali relative al cantiere”.

 

LA PRIMA DISCRIMINANTE: IL MANDATO DELLA COMMITTENZA

L’applicazione del DM CAM può essere resa banale, cioè una mera applicazione dei requisiti minimi espliciti, a meno che la Stazione Appaltante, cioè la Committenza, eserciti l’invito esplicito della norma:

La stazione appaltante (del progetto n.d.r.) dovrebbe quindi considerare la progettazione e l’uso dei materiali secondo un approccio LCA (Life Cycle Assessment-analisi del ciclo di vita) e considerare il “sistema edificio” nel suo insieme di aspetti prestazionali coerentemente al processo di rendicontazione ambientale…[…]

(sia in termini prescrittivi che con criteri premianti… ndr)

È attribuito un punteggio premiante all’operatore economico che si impegna a realizzare uno studio LCA (valutazione ambientale del ciclo di vita) secondo le norme UNI EN 15643 e UNI EN 15978 e uno studio LCC (valutazione dei costi del ciclo di vita), secondo la UNI EN 15643 e la UNI EN 16627, per dimostrare il miglioramento della sostenibilità ambientale ed economica del progetto di fattibilità tecnico-economica approvato.

[…]

La differenza è esiziale.

Nel primo approccio, il Progettista deciderà, senza vincoli ambientali, la tecnologia che preferisce, Legno, Acciaio, C.A., etc., andando poi a riportare i requisiti minimi per l’utilizzo di quel materiale: p.e. il contenuto minimo di materiale riciclato, l’uso di materiale certificato all’origine etc. Un esercizio quasi notarile.

Nel caso del mandato ampio, quindi con l’applicazione dell’LCA, per ciascuna tecnologia ipotizzata dovrà contabilizzare, p.e., la quantità di gas climalteranti, tipicamente la CO2, prodotta NEL CICLO DI VITA del fabbricato. E questo potrà produrre scompensi fra le tecnologie in funzione anche, e spesso soprattutto, della location del cantiere.

Un esempio per tutti. Il legno, nella sua fase di accrescimento boschivo, è una spugna di CO2 mentre, per esempio, il cemento nella sua fase produttiva è un grande emanatore di CO2 data l’alta quantità di energia bruciata. Dovremmo dedurre: Legno tutta la vita!

Ma proviamo a spingerci più in là con queste tecnologie. Percorriamo l’esercizio e poi il fine vita. Il legno comporterà manutenzioni più ravvicinate (con impegno di energie), ed un fine vita che può essere molto diverso: recupero e riciclo oppure a discarica. Nel secondo caso, con l’incenerimento, restituirà all’ambiente tutta la CO2 assorbita in fase di crescita. Il cemento, invece, assorbirà CO2 per tutto il periodo di esercizio e potrà essere riciclato sotto forma di inerte a fine vita.

CHI È PIÙ VIRTUOSO ALLORA?

Non c’è una risposta univoca, a questo punto, bisogna misurare e computare, prendendo in conto anche tutte le altre voci che compongono l’accumulo di CO2. Prima fra tutte il trasporto: se il bene da costruire è in Sicilia, l’uso del legno è penalizzato. Così come se il cemento è acquistato da una vicina cementeria che usa CSS (Combustibile Solido Secondario) al posto del gas, il mancato conferimento in discarica dei rifiuti di provenienza avranno un effetto positivo da misurare.

Insomma, se il mandato al Progettista è stringente, e non banale, è vero che dovrà lavorare molto di più ma la selezione fra le tecnologie avverrà con una guida di stretta osservanza ambientale e non ad occhi chiusi.

LA SECONDA DISCRIMINANTE: LE CONTROINDICAZIONI ALLA PRESCRIZIONI CAM

Molte delle prescrizioni del nuovo decreto erano presenti già nel vecchio, per cui in molte materie il mercato ha già adeguato prodotti, materiali e procedure alle specifiche prescrizioni ed il Progettista non avrà problemi ad applicarle.

Nel caso invece in cui il mercato non offre i materiali e/o le soluzioni richieste dai CAM, il Progettista dovrà giustificare e motivarne la non applicazione:

1.3.3

[…]

Inoltre, il progettista, dà evidenza dei motivi di carattere tecnico che hanno portato all’eventuale applicazione parziale o mancata applicazione delle specifiche tecniche, tenendo conto di quanto previsto dall’art.34 comma 2 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, che prevede l’applicazione obbligatoria delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali.

[…]

Anche su questo punto è più facile ragionare su esempi concreti.

  • Gli inerti NON di cava per il calcestruzzo

Sul mercato se ne trovano di diversa origine. Principalmente: 1) per estrazione dai RSU (c.d. Artificiali); 2) per recupero di scorie di acciaierie; 3) per riciclo di cls demolito.Bisogna premettere che in tutti i casi occorre fare una campagna prove ad hoc per mettere a punto specifici mix design con ogni specifica tipologia di inerte: quantità di acqua (peraltro sempre maggiore), additivi ad hoc, fuso ad hoc etc.. Questa esigenza comporta un’implicazione immediata: che si abbia reperibilità continuativa di quella tipologia di inerte perché non si può programmare una campagna prove ogni volta che si programma un getto. E questa caratteristica, potrà sembrare banale, non è sempre garantita dal mercato: lo è, p.e., nei casi 1) e 2) ma quasi mai nel caso 3) che dipende dalla casualità, per ora, delle demolizioni selettive.

  • La seconda implicazione è la distanza:
gli inerti di tipo 1) e 2) si trovano sul mercato con continuità ma la loro produzione è fatta in pochi centri e se il ns cantiere dista centinaia di km dal più vicino centro produttivo, si pone un impedimento sia di tipo economico che di produzione di CO2 legato al trasporto.
Ma c’è dell’altro. Gli inerti di tipo 2) sono, ovviamente, più pesanti dei loro omologhi naturali aumentando l’usura delle mescolatrici che impatta sui costi e sull’ambiente.
 

Per finire questa parziale rassegna: il cls prodotto dagli inerti di tipo 2) pesa di più e, quindi, impatta sulla progettazione e sulle dimensioni delle strutture. Viceversa, il cls prodotto da RSU è sempre di resistenza minore per cui bisogna sopperire con un aumento delle dimensioni con impatto sui costi, sulla fattibilità e sul consumo di materiali.

Abbiamo ragionato solo su un materiale ma è intuitivo pensare che analoghi problemi si possono riscontrare anche in altri materiali.

Ma facciamo anche un altro esempio di un tema da prendere con le pinze.

Disassemblaggio a fine vita.

2.4.14

Il progetto relativo a edifici di nuova costruzione, inclusi gli interventi di demolizione e ricostruzione e ristrutturazione edilizia, prevede che almeno il 70% peso/peso dei componenti edilizi e degli elementi prefabbricati utilizzati nel progetto, esclusi gli impianti, sia sottoponibile, a fine vita, a disassemblaggio o demolizione selettiva (decostruzione) per essere poi sottoposto a preparazione per il riutilizzo, riciclaggio o altre operazioni di recupero.

L’aggiudicatario redige il piano per il disassemblaggio e la demolizione selettiva, sulla base della norma ISO 20887 “Sustainability in buildings and civil engineering works- Design for disassembly and adaptability — Principles, requirements and guidance”, o della UNI/PdR 75 “Decostruzione selettiva - Metodologia per la decostruzione selettiva e il recupero dei rifiuti in un’ottica di economia circolare” …

[…]

Ora, è bellissimo il concetto di “disassemblaggio e adattamento” dei Prefabbricati ma non possiamo certo dimenticarci della statica (e della dinamica).

Da quando l’Italia “È diventata tutta Zona Sismica” ci siamo tutti ormai abituati a giocare con i modelli FEM dei ns progetti ed è ormai familiare a tutti il parametro “spostamenti”. Sappiamo bene che un fabbricato “pendolare”, come erano tutti i capannoni fino alla “Ordinanza”, incontra un problema di eccessiva deformabilità (gli spostamenti, appunto) che si può “riaddomesticare” in due modi principali: 1) realizzando nodi iperstatici e/o 2) aumentando (spesso anche molto) la dimensione dei pilastri. La prima modalità è economica ed ecologica mentre la seconda non è né economica né, conseguentemente, ecologica (più materiale necessario).

Non è un caso che il prefabbricato, negli ultimi lustri, abbia virato sempre di più sui nodi rigidi o semi rigidi in un percorso evolutivo verso i vantaggi del monolitico senza rinunciare a quelli del prefabbricato: https://ingegneribergamo.online/sistema-costruttivo-a-nodo-umido-strutturale-lanello-di-congiunzione-fra-due-tecnologie-mature/

L’obiettivo del “Disassemblaggio”, quindi, va sempre declinato cum grano salis per poi ritenere ottimale in questo caso, come per il c.a. tradizionale, la “Demolizione Selettiva” per la produzione di inerti riciclati.

CONCLUSIONI

Il percorso lungo la transizione green non è né facile né breve né indolore ma sappiamo che è inevitabile e bene ha fatto il legislatore a varare un DM pur in presenza di mille criticità e di un doppio binario di percorrenza (versione “Banale” o versione “Da Premiare”).

Sta ora ai Progettisti ed agli operatori del settore, Produttori ed Imprese, trovare soluzioni agli aspetti critici per fare in modo che la nuova “normalità” sia raggiunta nel più breve tempo possibile per declinare la sostenibilità economica con quella ambientale.